Qual è la ragione del successo dei videogame? A una domanda all’apparenza tanto semplice esistono solo risposte complesse. Non è possibile dare una risposta semplice perché, a ben vedere, quello del videogaming non è un mondo semplice: suddiviso in gruppi e categorie, per tipo di supporto e così via discorrendo, si possono dare tante risposte diverse a una stessa domanda.
Nel caso dei videogiochi single player, per esempio, una delle ragioni del successo è senza dubbio il valore della storia narrata: maggiore la sua qualità, maggiore il successo del titolo. Nel caso di titoli casual, invece, sicuramente ragione del successo è l’enorme accessibilità e facilità di impiego nei tempi morti.
Volendosi concentrare su una categoria specifica, ci si potrebbe forse chiedere, invece, quale sia la ragione del successo dei videogiochi simulativi. Alla categoria appartengono, a loro volta, una vasta platea di titoli: simulatori sportivi, di guida, di volo e così via.
Al di là dell’attività oggetto del videogioco, tuttavia, quello che interessa è comprendere cosa determini il successo di una simulazione.
Si possono prendere in considerazione titoli simulativi dalla marcata componente gestionale: è il caso di strategici con un occhio di riguardo all’economia come Port Royale, oppure di simulatori di vita come SimCity o The Sims.
Si tratta di titoli molto diversi tra loro: il primo è un gestionale ambientato nei Caraibi del 16esimo secolo, dove al commercio si affiancano politica e pirateria, mentre gli altri due, pur prodotti dallo stesso sviluppatore, simulano rispettivamente la gestione di una città e di un proprio avatar.
L’aspetto comune, a questi come ad altri, va cercato nel controllo che si esercita sul proprio alter ego: che si tratti di commerciare, far crescere una città o curare le relazioni sociali del proprio personaggio, il tratto comune è che il giocatore esercita le proprie scelte e ne cura le conseguenze, mantenendo costantemente il controllo sulla controparte digitale.

Altro motivo può essere visto in titoli che simulano attività più o meno quotidiane, o comunque riconducibili al quotidiano. Si pensi a un gioco di carte come il blackjack: anche nella sua versione digitale, pur nell’assenza di componenti più legate alla presenza fisica come per esempio il linguaggio del corpo, il blackjack in veste di videogame si rivela in grado di restituire le stesse emozioni legate alla sua versione classica.
Si può poi considerare un simulatore di assemblaggio di componenti elettronici quale è PC Building Simulator, nel quale si hanno a disposizione veri oggetti prodotti da case come Nvidia, AMD o Intel allo scopo di costruire computer sempre più performanti.
Stesso discorso per una serie storica come Farming Simulator, simulazione che porta agricoltura e allevamento nel videogaming: un’accoppiata che, nonostante l’apparente azzardo, si è rivelata in grado di vendere tre milioni di copie del suo ultimo capitolo in nove settimane.
In tutti questi casi le ragioni del successo vanno cercate nella fedeltà delle attività riproposte in videogioco, in grado di ricordare da vicino le loro controparti reali.

Si può infine pensare all’immersione, una componente sulla quale puntano moltissimi titoli simulativi e non solo. Questa deriva in buona parte da comparti visivi sempre più fotorealistici, certo; ma non è l’unico motivo, e molte simulazioni di successo cercano l’immersione del giocatore anche attraverso componenti hardware.
Basti pensare a un qualsiasi simulatore di guida giocato con volantino e pedaliera, o a qualsiasi simulatore di volo controllato con joystick a cloche. Merita menzione, sotto questo punto di vista, la scelta fatta da Nintendo per le sue console casalinghe Wii e Wii U: introdurre controller sensibili al movimento.
Questo ha permesso di controllare un gioco di tennis utilizzando la periferica come se fosse una racchetta, o giocare a bowling mimando con il controller il lancio della palla; accorgimenti per un breve periodo implementati anche da altre console, ma senza raggiungere i livelli di successo di quelle Nintendo.
Questi ultimi esempi sono accomunati dalla ricerca di immersione non solo nel gameplay, ma anche attraverso sensazioni fisiche: lo schermo sostituisce il parabrezza o il cupolino dell’aereo, con un effetto ancora più netto nel caso di più monitor affiancati, e attraverso apposite soluzioni di periferiche anche simulazioni di diverso tipo possono cercare nell’immersività il loro tratto distintivo.